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Come Matera: da vergogna a monumento mondiale

Quella visita a sorpresa del commissario Unesco nel cuore della notte

Da “vergogna d’Italia” a “orgoglio nazionale”. Quando lo scrittore Carlo Levi fu mandato in esilio in Lucania dal regime fascista, si accesero finalmente i riflettori su Matera, oggi patrimonio Unesco come Alberobello e capitale europea della cultura nel 2019. Levi, con le sue opere, fece luce sulla condizione di degrado della società materana, portando la questione all’attenzione dell’allora capo del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti. Matera per molto tempo fu bollata come “vergogna nazionale”. Era il 1948 quando Togliatti la definì così.

Negli anni ’50 il primo Ministro Alcide de Gasperi fu costretto a visitare di persona i Sassi di Matera. A seguito di quel sopralluogo si decise di sgomberare gli antichi rioni attraverso una legge del 1952. Evacuati gli antichi sassi, tutto il concentrato demografico si riversò nella città nuova.

Bisognerà aspettare il 1993 per la consacrazione Unesco, appena tre anni prima di Alberobello.

Stesso destino è toccato alla città dei trulli, antiche e umili dimore di contadini.

Nicola Redavid, presidente della Pro Loco di Alberobello ci aiuta a ripercorrere le tappe che hanno portato Alberobello alla consacrazione mondiale.

Chi è stato il pioniere di questo traguardo? “Certamente – ricorda Redavid – il primo è stato Giuseppe Notarnicola. Nel 1926 preparò una bozza di legge di tutela almeno degli agglomerati più conosciuti di Alberobello, come Rione Monti e Aia Piccola. Questa bozza la affidò a un senatore che nel 1930 fece approvare dal governo la legge di tutela di questi due quartieri”.

Alberobello non è stata la bomboniera che conosciamo oggi. “Gli alberobellesi un po’ si vergognavano di stare nei trulli, che erano monolocali privi di servizi, dove si conviveva con gli animali da cortile. Come a Matera”.

L’interesse turistico per la città arriverà molto tempo dopo quella bozza di legge. Siamo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento e in quel periodo si affacciano i primi turisti italiani che venivano a visitare i trulli. “Poi è stato tutto un crescendo, fino agli anni ’90 e alla scoperta internazionale con l’arrivo dei tedeschi prima e pullman carichi di giapponesi a seguito dell’inserimento nella lista patrimonio Unesco. Dal 1996 fino alla pandemia i giapponesi – osserva il presidente Redavid – venivano ogni giorno, senza escludere nessuna settimana”.

Alberobello è passata dai 25 mila visitatori degli anni ’80 agli attuali 300 mila, considerando solo le presenze in alberghi. Poi ci sono i turisti di passaggio e le cifre salgono notevolmente, alimentando tutto l’indotto turistico economico locale.

Di chi sono i meriti del traguardo Unesco? È stato certamente un lavoro di squadra, che ha trovato nella popolazione tutta un terreno fertile. Redavid ricorda l’Associazione Unesco fondata da un alberobellese, Giuseppe Bimbo, il quale ha coltivato l’idea. C’era anche un gruppo folkloristico. Ma senza la forza politica, non si sarebbe arrivati lontano. Con l’insediamento dell’amministrazione Panarese, nel 1994, è stato avviato il programma con la richiesta di riconoscimento Unesco e in due anni Alberobello ha realizzato il sogno.

Nicola Redavid ricorda ancora la visita del commissario inviato dall’Unesco per la verifica e l’eventuale accoglimento della richiesta. Il comandante della Polizia Locale si preoccupava che fosse tutto impeccabili. Temeva che gli infissi anticorodal ancora presenti all’epoca fossero un problema per l’immagine e la tutela del patrimonio. Il commissario spiazzò tutti quanti e si svegliò alle 4 per visitare da solo la città dei trulli. La mattina seguente disse che non ci sarebbe stato più bisogno di effettuare alcun sopralluogo. Alberobello lo aveva già conquistato nel cuore della notte.