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Il miracolo di Santa Maria di Pozzo Faceto

In questo angolo misterioso di Puglia, una delle regioni più secche del Mediterraneo, la Vergine avrebbe indicato ai contadini dove trovare l’acqua.

Il Santuario di Santa Maria di Pozzo Faceto si erge a circa otto chilometri da Fasano, nel cuore della piccola frazione omonima, sulla provinciale che dalla Strada Statale 16 porta alla località balneare di Torre Canne, tra mandorli e ulivi secolari, che ne costituiscono la primaria risorsa economica.

Il luogo rappresenta uno dei siti strategici nella viabilità antica e medievale che si sostituì al tracciato costiero della romana Via Traiana, sviluppandosi parallelamente ad essa verso l’interno; oggi costituisce il tratto fasanese delle Vie Francigene di Puglia che attraversavano i luoghi di fede e di pellegrinaggi, i centri di scambio commerciale e di produzione agricola del territorio. Inoltre, l’odierna strada Fasano-Ostuni, che costituisce il limite dell’espansione viaria medievale sotto le Murge, si innesta poco oltre Pozzo Faceto con la viabilità antica che, attraversando trasversalmente la penisola salentina, si collegava al mare Ionio e al tracciato dell’Appia.

Il Medioevo scavato sul margine di una lama.

Il complesso architettonico si incastona su un insediamento rupestre medievale, scavato sul margine di una lama, i canyon naturali dove scorrevano le acque che confluivano a mare, impreziosendo la scogliera.

Il santuario oggi è il risultato di aggiunte edilizie successive; documentato con la denominazione di Casale di S. Maria de Puteofaceto, viene citato in un diploma di Enrico VI di Svevia del 1139 e in un altro di Costanza d’Altavilla del 1197 come possedimento dell’abate benedettino Palmieri di S. Stefano di Monopoli, monastero situato all’estremità meridionale del feudo, al confine con la Terra d’Otranto.

Tra leggende, distruzioni e miracoli.

La fondazione della cappella sub divo, tra il XIV e il XV secolo, viene tramandata da una leggenda miracolosa, secondo la quale la Madonna sarebbe apparsa miracolosamente ad alcuni contadini per indicare dove scavare un pozzo, ancora oggi accessibile dalla facciata e dall’interno della chiesa; qui sarebbe stata rinvenuta un’immagine raffigurante la Vergine col Bambino. I toponimi Pozzo Faceto o Pozzo Guacito, come a volte viene indicata la contrada, sono sicuramente da ascrivere allo scavo del pozzo, fare il pozzo, o anche al termine arabo “guascir”, che significa “acqua”.

Nel 1529 l’edificio religioso fu risparmiato dalle soldatesche spagnole di Carlo V che, nelle lotte contro i Veneziani, distrussero l’intero casale di Pozzo, costringendo la popolazione a rifugiarsi nell’entroterra.

Nel 1784, dopo che Fasano fu liberata dal flagello della carestia per intercessione della Vergine, il clero e la popolazione elesse la Madonna del Pozzo a patrona della città. Il culto è molto vivo nella comunità che tradizionalmente si reca in processione al Santuario, in occasione della festa del giovedì in Albis, quando il sindaco dona alla Vergine un cero votivo in segno di venerazione e ringraziamento.

Il Santuario oggi.

Il sagrato conserva le ultime due stazioni di una via Crucis settecentesca, probabilmente tra le più antiche d’Italia, che prosegue tracciando il percorso della Strada delle Croci, la via che a poca distanza dal Santuario, prosegue congiungendo Pozzo Faceto con la frazione di Pezze di Greco, in direzione di Fasano.

La larga facciata, che ingloba l’antico ricovero dei pellegrini, presenta un ingresso più grande, elegantemente incorniciato da un timpano curvilineo con pinnacoli laterali, e uno più piccolo con timpano triangolare; lo stemma del Balì dei Cavalieri di Malta, Geronimo Avogadro, documenta gli interventi edilizi da lui voluti nella seconda metà del XVI secolo.

L’interno è costituito da due vani adiacenti: a destra, l’ambiente liturgico più antico che conserva il ricercato altare in pietra, nel cui dossale si ammira l’affresco della Madonna del Pozzo, un’immagine gotica della Madonna col Bambino, raffigurata a mezza figura, con un’acconciatura di stampo cortese, che raccoglie i capelli con nastri sulla nuca; indossa una corona gigliata di chiaro stile occidentale–angioino. Il Bambino, in piedi, poggia la guancia destra su quella sinistra della Madre, che lo abbraccia teneramente. La porzione di schienale si presenta rivestita da un prezioso drappo ricamato con motivi a losanghe. Ai lati delle aureole perlinate si leggono sigle esegetiche. L’atteggiamento di grande tenerezza ascrive l’immagine al tipo dell’Eleousa, in atteggiamento amoroso, volto a suscitare la pietà (eleos) e la misericordia del Figlio verso i fedeli, nonché l’affetto reciproco tra Madre e Figlio.