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Villa il Minareto, la perla araba della Selva di Fasano

L’artista Damaso Bianchi la fece costruire dopo un viaggio in Tunisia. Il destino gli fece incontrare la sua sposa Benedetta, come in una fiaba da Mille e Una Notte.

Chiudete gli occhi e immaginate di essere nel sontuoso giardino con vasca di Alcázar, a Siviglia, in Spagna. Vi sembrerà di essere precipitati in remoti paesaggi. Potete persino immaginare la bellezza conturbante della principessa Shahrazād, attorniata dalle danzatrici del ventre, che racconta al sultano Shahrīyār le sue storie da “Mille e una notte”.

La danza di quelle note e pagine dal lontano mondo persiano ha vibrato energie e contaminazioni fino in Spagna e nella nostra fetta di Mediterraneo. Ora potete aprire gli occhi, non vi sembrerà più di essere in Italia, ma in un paesaggio ibrido, siete sulla vetta della riserva naturale della Selva di Fasano, la punta più alta della provincia di Brindisi, altro luogo di villeggiatura estiva. Qui svetta un Minareto raro che rievoca quei paesaggi architettonici a noi lontani, che abbiamo visto in televisione e sui social fino a dieci anni fa, durante la recente Primavera Araba, direttamente dal cuore dei suk che per una volta, anziché contenere i mercatini, hanno ospitato le rivolte popolari.

Dal mare alla quasi montagna, in pochi chilometri.

La Selva di Fasano (dal dialetto fasanese Sèlve de Fasciòne) è costellata di pendii che digradano dolcemente verso la costa fasanese, particolare perché mista a sabbia e rocce, e interrotta da porticcioli dove ogni mattina attraccano i pescherecci ricchi di primizie appena catturate dall’Adriatico.

Fasano ha davvero tutto: collina, vegetazione, terra e mare variegato. Queste colline sono rivestite da flora naturale mediterranea, costituita nella parte boschiva da querce, lecci, pini, cipressi e cedri, carrubi. Una volta giunti in alto, addentrandoci verso l’entroterra, questa diminuisce via via per essere sostituita dalla coltivazione di alberi ad alto fusto tipici delle pianure centro-europee quali abeti e pioppi, e da frutta, in particolare ciliegi, peri e noci. Non mancano persino numerosi alberi di nocciole e castagne, piante uniche nel loro genere se si pensa alla quasi impossibile adattabilità di talune rispetto al medio habitat regionale. Salvaguardata da un clima temperato, e da un’aria particolarmente salubre, la Selva di Fasano si affaccia sul territorio dei trulli e delle grotte, offrendo numerose vedute panoramiche e quiete a chi voglia percorrerne a piedi i viali alberati.

Le panoramiche vista mare.

Da queste alture si vede il mare, da un’altra prospettiva, e sarà irresistibile la tentazione di fermarsi lungo la strada per scorgere il panorama dall’alto, come avviene quando si attraversa la Costiera Amalfitana.

Il suggello di questa ricchissima riserva l’ha messo l’artista barese Damaso Bianchi. Ispirato da un viaggio nel Maghreb, in Tunisia, si deve a lui la costruzione, nel 1912, della sontuosa dimora in stile moresco; conosciuta con l’appellativo “Il Minareto”, divenuta poi il simbolo di questa meravigliosa collina.

Lo stile moresco è un tipo di arte islamica sviluppatasi tra la fine dell’XI secolo e la fine del XV nell’area del Mediterraneo occidentale, in particolare Spagna (al-Andalus) e Maghreb. Tale stile nacque dalle reciproche influenze artistiche siriaco-musulmane, giunte a Cordova grazie agli Omayyadi, stemperate nell’austerità delle arti e culture berbero-musulmane tipiche delle dinastie africane degli Almoravidi e degli Almohadi con venature di culture classiche romane e visigotiche dell’Andalusia. Non a caso, il nome deriva dal termine “Moros” con cui si indicavano in Spagna gli invasori musulmani di provenienza nordafricana (detti anche “Mori”).

Un viaggio in Tunisia che ha cambiato il destino di Damaso e della Selva di Fasano.

Damaso Bianchi, artista, architetto, pittore, paesaggista e nobiluomo fasanese, si appassionò di arte orientale nei primi anni del Novecento, quando compì un viaggio in Tunisia per incontrare un suo fratello. Quello che egli stesso chiamerà “viaggio d’Oriente”, gli cambiò la sua vita e la sua vena artistica di cultore della tradizione pugliese.

Nel 1915 ritornò nella sua terra fasanese e avviò la costruzione di un Minareto, proprio come quelli dalla cui sommità, il muezzin musulmano richiama i fedeli al canto e alla preghiera. Villa Minareto è nel punto più alto della Selva di Fasano, a oltre 400 metri di altezza, in perfetto stile orientale. Per realizzarlo, l’artista giungere manodopera e materiale direttamente dalla Tunisia.

Qui, Damaso incontrerà in seguito il suo amore: Benedetta. Questo luogo cambierà il suo destino, come in una fiaba da Mille e una Notte.

L’incontro con la pianista, tra musiche e feste danzanti.

Questa villa singolare, nei pressi della zona dei trulli, diventò ben presto il suo centro culturale, dove incontrò, ormai vedovo, la giovane artista e pianista Benedetta Tangari. Elesse questo sito a piccolo paradiso privato che, nelle serate estive, condivideva con parenti e amici organizzando feste musicali e danzanti, ancora molto rinomate.

La villa si raggiunge percorrendo l’omonimo viale delimitato da alti pini e, nelle scelte architettoniche e decorative dei loggiati, delle scalinate, delle merlature e dell’alta torre, esprime la commistione tra culture diverse, in linea con lo stile eclettico in voga nei primi del ‘900, e coniugando il prezioso dualismo arabo-pugliese con la bellezza dei luoghi.

Mostra un elegante piano nobile con grandi finestre e le eleganti arcate a ferro di cavallo; un grande spazio verde cinge tutto l’edificio, con terrazze che fronteggiano il meraviglioso paesaggio, espressione delle ultime propaggini dell’altipiano della Murgia sud-orientale che con i suoi dorsali lambisce la Valle d’Itria e i territori di Locorotondo e Alberobello, visibili all’orizzonte.

Qui spira sempre un leggero vento di libeccio, nel dialetto fasanese “garbéine”, termine che ha classificato tutta la contrada Gordini e che si affaccia incantevolmente sul Canale di Pirro, una depressione carsica, spettacolare per ampiezza e per varietà di scenari, tra distese di campi e vigneti, e trasformato in altro punto panoramico raggiungibile seguendo le indicazioni stradali.

Dopo la morte di don Damaso nel 1935, l’edificio fu venduto alla GIL (Gioventù Italiana del Littorio) e divenne una colonia climatica per bambini. Dal 2003 è stato concesso al Comune di Fasano che presto restaurerà l’immobile per aprirlo alla totale fruizione.

Un bene immenso oggi di proprietà del Comune di Fasano.

Dopo la morte di Damaso Bianchi, il figlio Giuseppe vendette la villa nel ‘37 alla Gil (Gioventù italiana del littorio) con l’impegno di farne una colonia per bambini. Questa destinazione d’uso durò fino agli anni ‘50 (nel frattempo, nel ‘44, con un decreto legislativo, la struttura passò nelle mani della Gioventù Italiana). Da allora rimase chiusa, anche dopo che nel ‘76 (con lo scioglimento della G.I.) passò in proprietà alla Regione Puglia, fino al settembre 2003, quando l’Ente regionale la concesse in comodato oneroso al Comune di Fasano. Nel 2016 il “Minareto” di proprietà della Regione Puglia, passa formalmente in concessione a titolo gratuito per 99 anni al Comune di Fasano, con il diritto di superficie: ossia l’Ente locale ne diventa proprietario fino alla durata della concessione.

Villa Minareto oggi è luogo di eventi pubblici e matrimoni.

Per la cronaca, Damaso e Benedetta si sposeranno, nonostante la notevole differenza d’età. Il miracolo di questa unione si è compiuta proprio grazie a questo luogo incantevole da Mille e una Notte. E infatti, gli spazi aperti di Villa Minareto, oggi si utilizzano per manifestazioni culturali e musicali, nonché per celebrazioni matrimoniali civili, un bel modo per sposare anche l’incanto della natura che lo circonda.

FOTO Ⓒ Francesco Bagorda